Rossi-Doria, il maestro di strada: “Aiutiamo i bambini dentro e fuori la scuola, solo la guerra li ha colpiti più della pandemia”

La sua impresa sociale aiuta mezzo milione di ragazzini poveri in Italia.

 “Una vera innovazione per la scuola sarebbe studiare l’epidemia che stiamo vivendo e che tiene lontani dalle classi quasi due miliardi di studenti nel mondo”.

Marco Rossi-Doria, maestro elementare dal 1975, ha insegnato nei quartieri difficili di Roma e Napoli, qui per vent’anni tra Torre Annunziata e i Quartieri Spagnoli, ma anche in Kenya e negli Stati Uniti. E’ stato sottosegretario all’Istruzione nei governi Monti e Letta, oggi è Vicepresidente dell’impresa sociale Con i Bambini, la società senza scopo di lucro che, dal 2016, lavora per attuare i programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.

“Con la nostra impresa sociale siamo concretamente vicini ai più fragili. In questi anni – spiega Rossi-Doria – abbiamo selezionato complessivamente 384 progetti in tutta Italia coinvolgendo quasi 500 mila bambini e ragazzi insieme alle loro famiglie che vivono in condizione di disagio, interessando direttamente all’incirca 6.600 organizzazioni, tra Terzo settore, scuole, enti pubblici e privati”. 

Una vita spesa accanto ai ragazzi difficili, quella dell’ex maestro di strada che ha rilasciato una intervista al nostro sito analizzando luci e ombre di un anno di Dad, raccontando quel mondo dei ragazzi che conosce così bene, e dando, per loro, la sua ricetta per una scuola ideale. 

Il nuovo Governo Draghi e l’attuale ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi sembrano avere un occhio di attenzione alla scuola italiana. Qualche giorno fa Bianchi ha ricevuto i Sindacati della Scuola e si è detto aperto a un tavolo di confronto con loro, cosa ne pensa.

Istituzionalmente ritengo sia molto importante che ci sia la possibilità di mettersi d’accordo con tavoli di confronto, per dare assoluta priorità a bambini e ragazzi che sono stati oltremodo sottovalutati, e aggiungerei da tutti, in quest’anno di pandemia che è stato così difficile per loro e per la scuola.  

Un anno di Didattica a distanza, impensabile fino a qualche tempo fa, quanto ha pesato su ragazzi e famiglie? E col senno di poi era proprio inevitabile? 

E’ molto difficile da dire: onestamente penso, in virtù soprattutto di quanto leggo poiché non sono un esperto, che queste varianti sono obiettivamente molto pericolose e si diffondono tanto tra bambini e giovani. Forse in qualche luogo ad ottobre si è adottata una linea fin troppo prudenziale, che poteva essere evitata.

Quali saranno secondo lei i risvolti psicologici per bambini e adolescenti.

Vede, da un lato questa è una generazione che ha retto bene. Per tornare ad un evento così traumatico che li tenga lontani dalla socializzazione e dalla scuola, che rappresentano il loro mondo, bisogna saltare indietro di qualche tempo e andare ai loro bisnonni, che hanno vissuto la guerra.

I media, a mio avviso, hanno avuto grandi responsabilità creando una percezione distorta di questa generazione fotografata in giro sui Navigli, magari a centinaia, senza pensare però alle migliaia di ragazzi che hanno studiato da casa, impegnati nei loro collegamenti quotidiani, lontano da quella socialità scolastica a cui erano da sempre abituati. Sono gli stessi ragazzi che hanno partecipato con passione ai “venerdì di Greta” insieme ai loro coetanei di tutto il mondo.

Credo che questa sia una generazione molto resiliente a cui bisogna pensare, con fiducia, di poter affidare l’Italia del domani. Non dimentichiamo che sono stati tenuti lontano dalla scuola un miliardo e 800 milioni di studenti in tutto il mondo. A guardarsi indietro nella storia questo non era mai accaduto. 

Numeri da capogiro, cosa resterà di tutto questo

Bisognerà dare parola a tutto questo. Dare parola significa, e mi rivolgo soprattutto agli insegnanti, far scrivere di tutto questo, farlo raccontare, discuterne apertamente e insieme. Studiare l’epidemia che stiamo vivendo sarebbe una vera innovazione per la scuola.

Tutti a scuola il primo settembre. Questa è l’idea del Governo per recuperare le ore di lezione perse, che cosa ne pensa

Credo che bisogna studiare l’epidemia ancora, valutare nei prossimi mesi e vedere come è andata la vaccinazione ma, intanto, predisporre modi di studiare tra scuola, casa e fuori scuola, tornando, magari in piccoli gruppi, in sicurezza appena è possibile.  

Scuola sì ma in sicurezza dunque, la sua è una idea ben precisa

Non possiamo pensare ad una scuola in sicurezza se non facciamo scendere in campo anche il Terzo settore, in alleanza con gli istituti scolastici e con gli enti locali. Mi spiego meglio: bisogna trovare sedi alternative, fornite in sicurezza da comuni, Terzo settore e autonomie scolastiche, che lavorino in simbiosi per accogliere piccoli gruppi di studenti, soprattutto quelli fragili. C’è bisogno di un’attenzione in più con i bambini più poveri per raggiungerli nuovamente tutti, far ritrovare loro motivazione, fiducia e competenze. E questo è un lavoro che va fatto accanto agli educatori del terzo settore, come dimostrano tanti progetti sostenuti da Con i bambini. Ma, va detto,  il recupero sarà lungo, più lungo della pandemia, ci vorranno almeno due o tre anni. Dal canto nostro, con la nostra associazione già lo facciamo e siamo concretamente vicini a 500mila ragazzi in ogni parte d’Italia e siamo presenti in quartieri difficilissimi. 

Legambiente ha dichiarato che in 7 anni meno della metà dei progetti per l’edilizia scolastica è stato concluso e che il 29 per cento degli edifici necessita di interventi urgenti.

I numeri di Legambiente ci dicono quanto sia spinosa questa questione. Ci sono quasi 40 mila edifici scolastici nel nostro patrimonio pubblico, su molti dei quali bisogna lavorare. Alcuni andrebbero dismessi, altri riadattati, altri ancora ricostruiti. Abbiamo una giungla di procedure che va assolutamente snellita per poter procedere con i fondi opportuni e con i finanziamenti che andrebbero oggi davvero messi in campo. 

Quale è la ricetta per una scuola ideale

La domanda è complessa. Direi però che ci sono alcuni ingredienti fondamentali per rendere migliore la scuola. In primis, l’opportunità di imparare anche fuori dalla scuola. Penso alla città che è una grande palestra di apprendimento. Occorrono, poi, rigore ma anche accoglienza per supportare le parti deboli, da un alto, e promuovere quelle talentuose, dall’altro. E, non ultimo, far scoprire le parti inesplorate di ciascuno. Ed è un lavoro che devono fare insegnanti ed educatori insieme. Voglio ricordare che nelle scuole migliori del mondo, il corpo docente lavora in team, non rinchiuso dietro la cattedra: e questa è un’altra caratteristica decisiva per una scuola di qualità.

Se dovesse scegliere tre titoli di libri da consigliare a bambini della scuola elementare, ragazzi delle medie e studenti del liceo quali libri sceglierebbe

Non sceglierei io, suggerirei ai docenti di dare un piccolo elenco di titoli di romanzi per i ragazzi e di storie per i più piccoli, fornendo una brevissima descrizione dei libri e poi farei scegliere loro. Forse il miglior modo per fare appassionare alla lettura.