Se l’Italia vuole recuperare competitività sul fronte del capitale umano non deve pensare solo ad aumentare il numero degli immatricolati all’università, così da far crescere nel medio periodo la sua quota di giovani laureati. Ma deve anche puntare a trattenere i giovani che ha già formato. Il nostro saldo migratorio con l’estero resta negativo. E non risparmia i ragazzi e le ragazze con un titolo di studio elevato. Anzi. La conferma arriva da una nota che l’Istat ha messo a punto in vista dell’evento “Italia 2023: Persone, Lavoro, Impresa”, che si è svolto a Roma mercoledì scorso.
Perdita di capitale umano
In quella sede oltre a fare il riassunto delle puntate precedenti sulla nostra quota di laureati troppo bassa e sul ritorno occupazionale delle lauree in una materia Stem, l’Istituto di statistica si è soffermato sulla perdita di capitale umano che ci attanaglia. Sottolineando come, negli ultimi dieci anni, abbiamo perso 239mila giovani; di questi, 79mila erano in possesso al massimo della licenza media, 86mila avevano conseguito il diploma e 74mila erano invece arrivati alla laurea.
In costante aumento i giovani che hanno trasferito residenza
Andando più nel dettaglio, il focus evidenzia che «negli ultimi anni i giovani italiani che hanno trasferito all’estero la residenza sono costantemente aumentati e pochi hanno fatto ritorno». Traendone anche le conclusioni: «Il costo in termini di perdita di capitale umano a sua volta è tanto più alto quanto più è elevato il titolo di studio di chi compie la scelta». A tal proposito, tra il 2011 e il 2020 (ultimo anno utile della rilevazione), risultano essere espatriati circa 321 mila giovani tra i 25 e i 34 anni. In pratica ha scelto di lasciare la penisola il 5,3% della popolazione di quella fascia d’età.
Il peso dei titoli di studio
Sempre secondo l’Istat, i tassi di emigrazione e immigrazione sono più elevati per chi possiede bassa (fino a licenza media) o alta (laurea) istruzione laddove sembrano essere inferiori per i diplomati e i dati citati poc’anzi lo confermano. Tra i possessori di un basso titolo di studio, emigrano circa 70 giovani su mille, senza sostanziali differenze di genere che invece sono presenti – fa notare l’Istituto di statistica – e si amplificano tra i più istruiti: ogni mille giovani uomini con elevato titolo di studio circa 87 si dirigono all’estero, mentre la propensione a emigrare delle giovani laureate è pari al 58 per mille.
Differenze di genere tra i laureati
Viceversa, i rimpatri di giovani della stessa fascia d’età sono circa 82mila nell’intero periodo 2011-2020: i tassi di immigrazione sono più alti per chi ha bassa istruzione rispetto a chi ha il diploma (rispettivamente 14 per mille e 10 per mille) ed entrambi sono, a loro volta, inferiori a chi ha la laurea (22 per mille). Differenze di genere nei tassi di immigrazione emergono infine soltanto per i laureati, denotando una maggiore propensione a rientrare da parte della compagine maschile: 28 laureati su mille e 19 laureate su mille. Tutti numeri su cui riflettere.