E’ di pochi giorni fa la sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia, in merito al consenso per accedere ai nominativi del salario accessorio, che da ragione ai sindacati, ribaltando così il parere negativo di ARAN e del Garante della Privacy.
Il ricorso è scaturito dopo che una dirigente scolastica aveva negato l’accesso richiesto, il diritto alla trasparenza deve essere dunque sempre garantito nella Pubblica Amministrazione, specie se si ha a che fare con risorse pubbliche.
Questo significa che i sindacati devono poter conoscere i nominativi di docenti e personale ATA che hanno percepito compensi aggiuntivi in contrattazione istituto.
Si ribadisce come vada sempre fatta una corretta distribuzione del fondo da ripartire tra gli insegnanti. Per evitare il paradosso che ad esempio su quota 1000 euro, da dividere fra dieci docenti, 9 possano ricevere 10 euro ed un unico insegnate 910 euro .
Il Tar del Friuli ha anche affermato che:
“La disposizione citata dalla difesa erariale per escludere l’esercizio del diritto di accesso ai dati personali , quali sono i dati retributivi, non appare conferente . Ai fini del trattamento dei dati occorre una base giuridica costituita da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Quanto al diritto di accesso a “dati personali”, in particolare, il codice della privacy regola solo l’ipotesi – non ricorrente nel caso di specie – in cui esso abbia ad oggetto dati c.d. sensibilissimi mentre rinvia per il resto alla legge 241 del 1990. Quest’ultima garantisce sempre “l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Sotto questo profilo non sussistono dubbi in merito al carattere di necessarietà dei documenti richiesti, che consentono di verificare il rispetto della contrattazione integrativa, per la cura degli interessi facenti capo all’associazione sindacale”.
Un caso analogo accadde nel 2018 e anche in quel caso il Tribunale confermò che il precedente CCNL della Scuola, che disciplinava più nel dettaglio la materia, diede ragione ai sindacati poiché l’obbligo informativo, anche in quel caso, fu desumibile “ in via interpretativa dalle disposizioni vigenti dal CCNL”.