Negli ultimi dieci anni, il nostro Paese ha perso circa 1.000 autonomie scolastiche, e le prospettive per il prossimo decennio non sono incoraggianti: altrettante istituzioni potrebbero scomparire entro il 2031. I numeri parlano chiaro: dalle 11.592 scuole presenti nell’anno scolastico 2000-01, siamo scesi a 7.981 nell’anno in corso, e si stima che saranno solo 6.885 tra dieci anni. In totale, un calo del 40% in tre decenni.
Questa drastica riduzione è frutto di un processo di dimensionamento scolastico che, se da un lato garantisce un risparmio per lo Stato di circa 88 milioni di euro, dall’altro non porta benefici concreti né al personale scolastico né agli studenti e alle loro famiglie.
Il vero costo del risparmio scolastico
Secondo Giuseppe D’Aprile, Segretario generale di Uil Scuola Rua, “una gestione lungimirante del sistema scolastico dovrebbe puntare su interventi strutturali e investimenti a lungo termine, piuttosto che su tagli dettati dalle contingenze. Governare l’istruzione, infatti, significa avere una visione strategica per costruire la scuola del futuro, una scuola capace di rispondere alle esigenze delle nuove generazioni”.
La denatalità come opportunità
Ridurre il numero di alunni per classe potrebbe trasformare l’attuale calo demografico in un’opportunità per migliorare la qualità della didattica. Classi meno affollate consentirebbero agli insegnanti di dedicare più attenzione ai bisogni individuali degli studenti, favorendo una crescita formativa più completa e personalizzata.
Un appello alla riflessione
La scuola non dovrebbe essere vista come un costo, ma come un investimento per il futuro del Paese. È fondamentale ripensare la programmazione scolastica con un approccio che metta al centro l’educazione e il benessere degli studenti, piuttosto che le esigenze di bilancio. Solo così potremo garantire un sistema scolastico capace di formare cittadini consapevoli e preparati per le sfide del domani.