La matematica l’abbiamo scoperta o inventata?

Tratto da Il Post.it

Nel trattato Il Saggiatore, il fisico, matematico e filosofo italiano Galileo Galilei scrisse  che

“La filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi», e che quel libro «è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche”.

La metafora del “libro della natura” fu ripresa da molti altri pensatori in tempi recenti: tra questi il fisico e divulgatore statunitense Richard Feynman, che  scrisse che per conoscere e apprezzare la natura

” E’ necessario comprendere il linguaggio che essa parla e cioè la matematica”.

Riflessioni come quelle di Galileo Galilei e Feynman sulla relazione profonda e l’interdipendenza tra la matematica e la natura hanno origini antichissime nella tradizione del pensiero filosofico occidentale e nella storia della scienza. E sono, tra le altre cose, parte di una discussione ricorrente su quale sia il modo più appropriato di intenderla, la matematica:

 se uno “strumento” inventato dagli esseri umani per descrivere la realtà fisica, un insieme di concetti e rappresentazioni utili a rendere la natura comprensibile; o piuttosto qualcosa che risiede nella natura stessa e, in quanto linguaggio dell’universo, esiste a prescindere dai nostri tentativi di apprenderlo. Sintetizzando la questione: ci si chiede da millenni se la matematica sia stata un’invenzione, come quella di un qualsiasi altro linguaggio formale, o una scoperta.

………

Nel mondo animale è nota la forma esagonale delle cellette di cera (favo) costruite dalle api operaie nell’alveare o nell’arnia per depositarvi il miele e il polline necessari per il sostentamento delle larve. Una delle ipotesi formulate per spiegare questa struttura verticale è che l’esagono regolare – un esagono con sei lati di uguale lunghezza e sei angoli di uguale ampiezza – sia la figura geometrica che permette di tassellare una superficie piana nel modo più efficiente possibile: cioè con il minimo utilizzo di materiale da costruzione (la cera, nel caso delle api).

In base a questa ipotesi, il favo sarebbe quindi composto da celle esagonali perché le api cercano di preservare risorse minimizzando la quantità di cera utilizzata per costruirlo: azione evolutivamente sensata, come osservato dal naturalista Charles Darwin.

……..

Un altro fenomeno biologico che mostra una regolarità matematica nel regno animale sono i cicli di vita di due specie di cicale del genere Magicicada, diffuse in Nord America. Entrambe trascorrono la maggior parte della loro vita sottoterra: gli esemplari di una specie (Magicicada tredecim) emergono tutti insieme in grandissime quantità ogni 13 anni, e quelli dell’altra specie (Magicicada septendecim) fanno lo stesso ma ogni 17 anni.

Una delle spiegazioni più condivise di questo fenomeno fa riferimento al fatto che 13 e 17 siano numeri primi abbastanza grandi. Questo permette alle “nidiate” di cicale che emergono periodicamente dal terreno di evitare vari predatori che hanno cicli di vita di diverse lunghezze: più di quanti le cicale ne eviterebbero se i loro cicli di vita non fossero di 13 e 17 anni ma, per esempio, di 12 e 14 anni.

Supponendo che ci siano predatori delle cicale con cicli di vita di 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 anni, avere un ciclo di vita di 12 anni per una cicala implicherebbe ogni volta l’incontro con predatori i cui cicli di vita sono di 2, 3, 4 e 6 anni (tutti sottomultipli di 12). Ma se il ciclo di vita della cicala è di 13 o di 17 anni, molti meno predatori i cui cicli di vita sono di 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 o 9 anni saranno presenti sul terreno nel momento in cui le cicale emergeranno. Inoltre, in questo modo, le probabilità di incontro tra le due specie di cicale – che competono per le stesse risorse – sono molto limitate: una volta ogni 221 anni (minimo comune multiplo di 13 e 17).

Il fatto che spieghi così tanti fenomeni osservabili della natura e indipendenti dal nostro comprenderli suggerirebbe che la matematica non sia qualcosa che gli esseri umani hanno inventato, ma piuttosto qualcosa che hanno scoperto.

……..

Altri matematici ritengono che la matematica sia invece un’invenzione umana: gli oggetti matematici, secondo questa prospettiva, non sarebbero oggetti che esistono da qualche parte in attesa di essere scoperti. Sono piuttosto nozioni che non esistono finché a qualcuno non viene in mente di definirle, di “crearle”, con o senza l’obiettivo di comprendere l’universo.

L’idea alla base dell’ipotesi che la matematica sia un’invenzione è che tutti gli oggetti e i concetti matematici, dalle parabole alle radici quadrate, non siano veri nel senso in cui diciamo che è vero che il fuoco brucia.

………

Comprendere i grandi numeri

Per esempio, il matematico inglese Godfrey Hardy, vissuto anche lui tra l’Ottocento e il Novecento, si diceva fiero del fatto che le sue teorie puramente matematiche non avessero alcuna applicazione pratica.

” Non ho mai fatto niente di utile Nessuna delle mie scoperte ha fatto né potrebbe fare, direttamente o indirettamente, nel bene o nel male, la minima differenza per l’amenità del mondo”.

«Eppure oggi la teoria dei numeri è fondamentale per le tecniche crittografiche applicate in moltissimi contesti.

…….

Un punto di vista simile è espresso anche nel libro La gioia dei numeri del matematico statunitense Steven Strogatz, docente di matematica applicata alla Cornell University, a Ithaca, nello stato di New York. Secondo Strogatz i matematici “inventano” il modo di combinare opportunamente funzioni, oggetti e risultati matematici: strumenti di cui hanno bisogno per la stessa ragione per cui un costruttore ha bisogno di martelli e trapani, e cioè per “trasformare le cose“. Ma allo stesso tempo il risultato di quelle combinazioni “creative” non è noto ai matematici finché non lo “scoprono”.