A New York l’uso di Chat GPT è stato vietato.
“A causa dei timori per l’impatto negativo dell’apprendimento degli studenti, l’uso di ChatGPT è vietato su reti e dispositivi delle scuole pubbliche di New York”.
Poco dopo è stato il turno di Los Angeles e a seguire anche le 8 principali università australiane hanno deciso per il ritorno a carta e penna per gli esami scritti, per il timore fondato che gli studenti potessero utilizzare l’intelligenza artificiale durante le prove.
E cosa succede in Italia? Nel nostro Paese non esistono provvedimenti simili a quelli americano o australiano. Ma qualcosa si muove.
” Sicuramente è opportuno regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale in classe, magari in maniera differente tra scuola primaria e secondaria, così come peraltro già si fa con gli smartphone o la semplice calcolatrice – come ha spiegato su Italian.Tech il Direttore generale per l’edilizia scolastica e la scuola digitale del ministero dell’Istruzione e del Merito Gianna Barbieri . – Ma la scuola dovrà rispondere alla sfida lanciata da questi strumenti”.
Secondo il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Antonello Giannelli:
” L’IA può rappresentare una grande opportunità per docenti e studenti, anche alla luce delle linnee guida della Commissione Europea”.
Ma ChatGPT è uno strumento che nella scuola italiana già usano in tanti.
“Il punto è – spiega il fondatore dell’associazione di studenti Rivoluzioniamo la scuola – che la scuola italiana non è ancora riuscita ad adattarsi a Google, infatti quasi tutti gli studenti trovano le traduzioni on line”.
Insomma, dei presupposti teorici, sulla base di quanto indicato dalla Commissione Ue, ci sono. La stessa OpenAI sta ragionando su modi per inserire un watermark alle generazioni dell’IA. Nel frattempo, sono emersi tool come GPTzero, che consentono gratuitamente di inserire un testo e scoprire se è stato creato dall’intelligenza artificiale.
Perché tutto questo funzioni, è possibile che sia necessario un ripensamento delle modalità di insegnamento e di valutazione. Se gli studenti scrivono con Intelligenza artificiale e i professori valutano in maniera automatica, cosa resta dell’istruzione?
” Rincorrere lo sviluppo tecnologico cercando soluzioni tappabuchi rischia di essere una strategia perdente – conferma Antonio Coratti, professore di Filosofia all’Istituto Toscanelli di Ostia e Responsabile per Castelvecchi della collana di saggi Nuovo Lessico Critico -. Io propenderei per un’altra strategia, più radicale: sfruttare le opportunità che queste tecnologie consentono, senza demonizzarle, ma cambiare sia il modo sia i contenuti con cui la scuola lavora. Non è facile, certo, ma la tecnologia può essere un’occasione di crescita”.
Secondo Gianna Barbieri:
” La scuola deve accrescere negli studenti le capacità di discernimento critico e offrire loro le basi per l’utilizzo di qualsiasi strumento in modo etico”.