” La scuola è l’ultimo baluardo della socialità dal vivo poi per molti ragazzi non resta che Tinder per incontrarsi“.
Marco Ferrari, prof di Filosofia al liceo Malpighi di Bologna, tra i dieci migliori insegnanti d’Italia secondo il Teacher italian prize ,dice che la solitudine degli adolescenti:
Qualcosa sta accadendo, la Generazione Zeta sta male. Depressione, autoisolamento, anoressia, bulimia, un’epidemia di malessere tra gli adolescenti. È di questi giorni la notizia che le scuole pubbliche di Seattle, negli Usa, hanno intentato una causa contro Meta (proprietaria di Facebook, Instagram, WhatsApp), Google (YouTube), TikTok (della società cinese ByteDance) e Snap (SnapChat).
Motivo? I social, affermano, stanno avvelenando le menti delle nuove generazioni, sfruttando «i loro cervelli vulnerabili».
Con un aumento del 30 pe cento di studenti che rivelano di sentirsi “tristissimi o senza speranza “. La class action delle scuole di Seattle è clamorosa. Afferma con una forza dirompente che siamo di fronte a una deriva che potrebbe travolgerci. Nelle settimane scorse in Italia c’è stato un rincorrersi, sui social, di pubbliche ammissioni di solitudine. Aveva cominciato, in Puglia il cantante diciottenne Potes. Centinaia di follower, poi un appello-verità su Tik Tok: “Non ho nessun amico con cui uscire. Sentire mia madre che dice: vengo io con te, mi fa sentire ancora più disperato“. La Rete aveva risposto, all’unisono: “Siamo tutti soli, uniamoci”. Poi erano scese in campo addirittura le mamme: “Aiuto, mia figlia è timida, cerco amici per lei“. Così Angela, mamma pugliese su Facebook, seguita da altre madri.
Se la generazione interconnessa ammette, per la prima volta, senza paura di apparire “sfigata”, il proprio isolamento, confessa che oltre i like c’è poco altro, vuol dire che la bolla è scoppiata. Che la realtà virtuale è un’illusione e i social non sono la vita.
Racconta Marco Ferrari: «I ragazzi di oggi non sono diversi dai ragazzi di ieri, sono affamati di vita vera, vogliono guardarsi negli occhi, esattamente come facevamo noi. Il senso di solitudine, poi, è connaturato all’essere umano. La differenza è che si sono rarefatti i luoghi di socializzazione, la piazza virtuale ha preso il posto della piazza fisica». In questo senso la scuola, dove di fatto la socialità è garantita (il Malpighi è stato uno dei primi licei ad attuare la politica “no-cellulari”) è un po’ l’ultima spiaggia dell’adolescenza dove stringere amicizie “reali” che a volte, durano tutta la vita. «Diversi miei ex alunni mi raccontano di non sapere più dove incontrare fisicamente amicizie e amori e allora si affidano alla Rete. È il motivo per cui ho inventato le Romanae Disputationes , festival della filosofia dove mille ragazzi si sfidano sulle questioni della vita».
Davide ha 20 anni, studia alla Sapienza di Roma e confessa che per non sentirsi più solo ha dovuto spegnere il cellulare. «Quando avevo 16 anni il mio unico grande amico è andato a vivere in Australia, nella mia vita si è aperto un vuoto enorme. Sono timidissimo, era lui il mio ponte con il mondo. ……..
” Un giorno — ricorda Davide — ero così disperato che mi sono affacciato al campetto dove giocavo a calcio da bambino. Il mister mi ha visto, mi ha abbracciato. Anzi, mi ha subito chiesto se fossi libero per aiutarlo ad allenare i piccoli. Sono stato felicissimo, da quel giorno ogni pomeriggio sono lì”…
Sentirsi soli nell’adolescenza è naturale, quello che non è naturale è sentirsi soli nella folla social, mentre (magari) mamma e papà scendono sullo stesso terreno virtuale per cercare amici per i figli. Umano certo, ma quanto utile per rompere il guscio? È il pensiero di Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta che ai “sempre connessi” dedicò un libro assai innovativo già nel 2009.
” Non è colpa della Rete se i ragazzi si sentono senza amici, il vero problema, frutto anche della pandemia, è che i genitori hanno messo, in un certo senso, sotto sequestro il corpo dei figli. Nella demonizzazione del mondo esterno, hanno comunicato ai figli che è meglio la sicurezza della casa, magari genitori stessi come compagnia al posto di coetanei con cui si potrebbe trasgredire”.
Lancini è categorico:
” I ragazzi devono cavarsela da soli e i genitori accettare che si sbuccino le ginocchia”.