La suprema Corte, sez. un., ordinanza 20 luglio 2022, n. 22726, detta un principio di diritto, articolato in tre punti, che pone fine a trattamenti difformi di casi accomunati dai medesimi presupposti fattuali e giuridici, anche tenendo conto della giurisprudenza eurounitaria.
Nei passaggi di ruolo tra i livelli del Sistema integrato di educazione ed istruzione, il personale docente conserva l’anzianità di servizio maturata, a tempo indeterminato o a tempo determinato, nel ruolo precedente, senza demoltiplicazioni. Così anche per gli insegnanti di religione cattolica.
Ai fini della determinazione dell’anzianità di servizio del docente di materie curricolari da computare all’atto dell’immissione in ruolo anche nel passaggio dalla scuola materna alla scuola secondaria va considerato il servizio non di ruolo prestato prima dell’immissione in ruolo.
Ai fini del suddetto computo l’art. 485 del D.Lgs. n. 297/1994 deve essere disapplicato nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quelli fissati dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11, comma 14, della L. n. 124/1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato.
Analogo criterio va applicato agli insegnanti di religione cattolica quanto al servizio svolto presso la scuola materna prima del passaggio in ruolo nella scuola secondaria.
La problematica dei rapporti di lavoro del personale docente statale, soprattutto di quello a tempo determinato (non di ruolo), è stata anche affrontata dalla Corte costituzionale (Corte cost. sent. 8/11/2017, n. 251; Corte cost. sent. 15/6/2016, n. 187; Corte cost. sent. 22/10/1999, n. 390) e dai giudici europei (da ultimo v. Corte Giustizia UE sez. VI, ord. 18/05/2022 causa C-450-21 sulla discriminazione dei docenti “precari”).
La suprema Corte parte dalla questione posta da una docente di religione cattolica, transitata dalla scuola primaria alla scuola superiore. La disciplina dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica risiede nella L. 11/7/1980, n. 312 (art. 53, ult. comma: “Ai docenti di religione cattolica dopo quattro anni di insegnamento si applica una progressione economica di carriera con classi di stipendio…”), nel D.P.R. 16/12/1985, n. 751, nella L. 25/03/1985, n. 121, nel citato D.Lgs. n. 297/1994 (art. 309) e nella L. n. 18/07/2003, n. 186.
Quest’ultima recante “Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado”, innovando rispetto al passato, ha istituito un ruolo per gli insegnanti di religione cattolica i quali non devono più essere solo a tempo determinato (incarichi annuali prorogati senza limiti, salvo revoca dell’Autorità diocesana). I contratti di assunzione dei docenti di religione non di ruolo nella scuola pubblica hanno durata annuale e sono soggetti a conferma automatica, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, ma è consentita altresì l’assunzione di durata infra-annuale, sulla base di contratti motivati dalla necessità sostitutiva di docenti precedentemente incaricati, oppure nello stretto tempo necessario all’attuazione delle immissioni in ruolo in esito a procedure concorsuali già svolte o per concludere procedure concorsuali in essere. La legge specifica che agli insegnanti di religione inseriti nei ruoli si applicano le norme di stato giuridico e il trattamento economico previsti dal suddetto testo unico n. 297/1994 e dalla contrattazione collettiva.
L’insegnamento della religione cattolica è previsto anche nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie.
Considerato che prima della legge del 2003 gli insegnanti di religione cattolica a tempo indeterminato non esistevano, essendo il sistema fondato su incarichi annuali rinnovati automaticamente, gran parte degli insegnanti non è mai entrata nei ruoli della scuola, salvo per altra via, come nel caso di superamento di concorsi pubblici per posti di ruolo ordinari o di sostegno.
Due sono pertanto le questioni che si intrecciano: la completa parificazione quantitativa e qualitativa del servizio prestato a tempo determinato dagli insegnanti rispetto al servizio a tempo indeterminato e, conseguentemente, per gli insegnanti di religione cattolica, il diritto a veder riconosciuta per intero l’esperienza professionale acquisita durante il c.d. pre-ruolo svolto in un ciclo di istruzione inferiore.
Secondo la Corte:
– nel caso di immissione del docente nel ruolo della scuola secondaria il servizio in precedenza prestato quale insegnante di scuola materna ‘non di ruolo’ non può essere valutato diversamente da quello prestato dall’insegnante di scuola materna ‘di ruolo’; – sulla base della normativa vigente, con la disapplicazione dell’art. 485 del D.Lgs. n. 294/1997 per contrarietà alla clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, l’anzianità dei docenti deve riconoscersi in misura integrale e non nei limiti della temporizzazione; – in particolare per gli insegnanti di religione, nessuna norma è stata dettata per disciplinare in modo differenziato o specifico la questione del riconoscimento all’atto della loro immissione in ruolo dei servizi prestati prima di tale immissione in ruolo; né il legislatore ha ritenuto di adottare una disposizione transitoria che tenesse conto della peculiarità conseguente all’assenza in assoluto della possibilità di configurare prima dell’entrata in vigore della L. n. 186/2003 di periodi di servizio prestati in ruolo per i docenti di religione. Conseguentemente la disciplina del passaggio in ruolo degli insegnanti di religione va necessariamente individuata in quella applicabile all’intero personale docente ed i periodi di servizio prestati prima dell’immissione in ruolo non possono che computarsi come ‘non di ruolo’, siano essi antecedenti o successivi all’istituzione dei ruoli ex L. n. 186/2003. |
A fini di completezza può accennarsi anche alla parallela vertenza aperta dagli insegnanti di religione cattolica a tempo determinato impiegati per periodi superiori al triennio. Anche per tale diffusa problematica la Corte di Cassazione si è variamente espressa in senso negativo (Cass. civ., sez. lav. sent. 13/06/2022 n. 19044) affermando che costituisce abuso nell’utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l’utilizzazione discontinua del docente, in talune annualità, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, a condizione, in quest’ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualità.
L’abuso determina il diritto al risarcimento del danno c.d. eurounitario (v. anche da ultimo Cass. civ. sez. lav., sent. 02/08/2022, n. 23974 e Cass. civ. sent. 09/06/2022, n. 18698).